Un assegno, per essere completo, occorre che abbia indicato l’importo in numero, seguito da quello in lettere, più /00, il beneficiario per l’incasso e la firma del titolare del conto corrente, relativo al blocchetto di assegni da cui viene staccato. L’assegno necessita poi di essere “non trasferibile”. Tuttavia, il vero e proprio primo problema reale è relativo alla sua copertura. In tal senso, può verificarsi nel caso di emissione di un assegno non tanto falso in sé e per sé, ma legato ad un conto corrente ormai estinto.
Dalla mia esperienza personale, ho visto che ciò non capita quasi mai con le banche (che chiedono indietro i blocchetti degli assegni quando chiudi il conto corrente), ma talvolta invece con Posteitaliane, in cui ho avuto modo di notare degli assegni non validi, in quando relativi a conti correnti chiusi e spesso anche da parecchio tempo. Questo è un primo elemento a cui prestare attenzione.
Poi, ci sono i casi sospetti in cui il soggetto che ti paga l’assegno pretende un nostro versamento anticipato, che poi provvederà a restituirci nell’assegno che ci verrà fatto da lui in un periodo successivo. Qui scatta il primo campanello d’allarme di una possibile truffa, legata ad un assegno che può essere falso. Non è detto che sia falso in quanto non semplicemente coperto da un adeguato deposito sul conto corrente bancario. Infatti potrebbe essere falso semplicemente per il fatto che la persona che lo emette non è autorizzata a farlo, o perché l’azienda che lo stacca è fallita e via dicendo.
Nel caso più frequente di incasso mediante controllo sulla copertura dell’assegno, non solo i tempi si allungano molto (un anno e anche più), ma c’è anche il concreto rischio che la banca pagante il relativo controvalore, ne reclami indietro i soldi, nel caso che non solo un assegno risulti falso, ma quanto meno dubbio e per certi versi anomalo. Per riconoscere se un assegno è falso occorre innanzi tutto chiedere conferma alla banca emittente.
Naturalmente, è meglio farlo prima ancora di accettarlo, anche ti mette in difficoltà per il semplice fatto di diffidare di chi hai davanti. Tuttavia, di questi tempi, con le truffe che ci sono in giro, è quanto meno lecito. Poi, occorre quindi verificare se la persona che paga con l’assegno sia autorizzata a farlo. Quindi, bisogna controllare che l’assegno sia stato compilato in maniera corretta nei vari campi che lo contraddistinguono, seguendo quanto riportato in questa guida su Assegni.net. Infine, occorre verificare che, per quanto concerne la sua emissione, rispetti la legge che disciplina la materia. Ossia, che rientri nei limiti e nei modi da essa descritti.
Per quanto concerne assegni provenienti dagli Stati Uniti, è stato poi attivato un numero di telefono per controllare la qualità dell’assegno emesso. Si tratta dell’ 1-900-868-2995 ed ha un costo di 5 dollari. Tale servizio permette verificare un conto corrente bancario e la veridicità dell’assegno ed ogni chiamata è valida per la verifica di due controlli sui relativi assegni. Insomma, bisogna stare attenti, perché si rischia di non vedere il becco di un quattrino e di incorrere in delle noie burocratiche e legali, che fanno perdere anche tempo, oltre che denaro.
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L’acquisto di lingotti d’oro è uno dei diversi modi attraverso i quali investire nel metallo prezioso. Sebbene si tratti di un’opportunità in buona parte sostituita da modalità che prevedono la dematerializzazione del bene oggetto di investimento, l’acquisto di lingotti è oggi una pratica ancora diffusa sul mercato italiano. Cerchiamo quindi di comprendere come acquistare lingotti d’oro, ed effettuare un investimento consapevole in questo importante bene rifugio.
Cosa sono i lingotti d’oro
Il primo punto da chiarire è cosa siano i lingotti d’oro. Sebbene oggetto di futuro approfondimento per quanto attiene le caratteristiche tecniche, possiamo certamente ricordare, fin d’ora, come i lingotti d’oro non siano altro che il risultato di una tecnica che prevede che l’oro fusso venga fatto colare in appositi stampi. Successivamente alla pressione sullo stampo, e alla conseguente incisione, si ottengono dei lingotti contraddistinti in maniera univoca da un numero di serie, dall’indicazione del peso e della taglia, e dal nome del produttore. Generalmente la vendita del lingotto è accompagnata da un certificato che ne attesta l’autenticità.
Scegliere l’entità dell’investimento
Una volta compreso cosa sia il lingotto, occorre entrare nel vivo della propria strategia finanziaria, e scegliere quanto investire in questo metallo prezioso. Il nostro consiglio, in un’ottica di congrua differenziazione, è quello di non impiegare più del 10-15% del proprio denaro su un unico asset o su un’unica tipologia di impiego. Ne deriva che, se i vostri risparmi ammontano a 20.000 euro e desiderate investirne la metà (mantenendo quindi 10.000 euro per spese personali), non investite in oro più di 1.000 – 1.500 euro.
Dove mettere i lingotti
Prima di acquistare i lingotti è bene cercare di capire dove andare a riporli. Considerando totalmente incongrua la scelta di tenerli con sè in casa (una opzione che, in evidenza, è estremamente rischiosa), val quindi la pena comprendere quale sia la struttura nella quale depositare i lingotti. La risposta è generalmente riconducibile al ruolo delle banche, che in molti casi (soprattutto nelle filiali di maggiori dimensioni), hanno dei caveux appositi per questo genere di operazioni. In alternativa, è possibile accertarsi della possibilità di poter utilizzare una comune cassetta di sicurezza per il deposito del lingotto. In ogni caso, ottenete le giuste informazioni sulle assicurazioni per le varie tipologie di peso e di deposito. Se invece volete depositare i lingotti in casa propria, cercate di farlo all’interno di una cassetta di sicurezza riposta in luogo sicuro, con caratteristiche antincendio.
Quale lingotto acquistare
Una volta fatto ciò, occorrerà scegliere quale lingotto acquistare. La tipologia più acquistata è il lingotto da 1 kg o 32,15 once: si tratta tuttavia di una tipologia piuttosto costosa e, seppur dalle caratteristiche indubbie di maneggevolezza, altresì una tipologia che potrebbe essere al di fuori della portata della maggior parte dei risparmiatori.
Pertanto, se desiderate un investimento più ristretto, potete dedicarvi ai lingotti da un’oncia (31,1 grammi), molto popolari tra i piccoli investitori in alternativa alle più tradizionali monete d’oro. Esistono altresì in commercio dei lingotti da 10 once (311 grammi), e lingotti di altre dimensioni e pesi.
Dove comprare i lingotti
Comprare i lingotti non è difficile: dalle banche alle società specializzate nella compravendita di oggetti in oro, passando per i venditori privati, le possibilità di poter mettere le mani su un bel lingotto d’oro non mancano di certo. Cercate piuttosto di comprendere quale sia il prezzo dell’oro oggi sul mercato, e se sia più conveniente attendere tempi più propizi o chiudere subito la transazione.
Come mezzo di pagamento, considerato il presumibile controvalore dell’operazione, potete alternare la scelta degli assegni al bonifico bancario. A questo punto, non vi rimane che depositare il lingotto e attendere che si apprezzi.
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Il rating, detto anche valutazione, è un metodo utilizzato per classificare gli stati in base al loro merito creditizio. Viene espresso attraverso un voto in lettere, in base al quale il mercato stabilisce un premio per il rischio da richiedere allo stato per accettare quel determinato investimento. Vediamo come funziona questo processo.
I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, principalmente Standard and Poor’s, Moody’s e Fitch Ratings.
Scendendo nel rating, aumenta il premio per il rischio richiesto e quindi l’emittente deve pagare uno spread maggiore rispetto al tasso risk free.
Un declassamento del rating di soggetti pubblici particolarmente indebitati, come spiegato in questa guida su Dizionarioeconomico.com, ha la conseguenza a breve termine di provocare un rialzo degli interessi applicati ai prestiti in corso, e quindi un aumento degli oneri finanziari. Il debitore potrebbe cedere beni immobili e mobili di sua proprietà a prezzi di realizzo, per evitare un peggioramento del rating.
Non raramente, la maggiore fonte di finanziamento dei costosi studi che portano a valutare il rating, non sono le agenzie di stampa e la comunità finanziaria, ma le stesse società emittenti oggetto dell’indagine e singoli investitori con molta liquidità. In questi casi, è evidente un conflitto d’interessi.
Infatti, per avere un rating, uno Stato deve rivolgere una richiesta esplicita a una delle agenzie di rating. Il servizio è a pagamento. Ottenuto l’incarico, l’agenzia inizia l’analisi dello Stato.
L’analista incaricato attinge da informazioni pubbliche, studia i fondamentali economici e finanziari e incontra i dirigenti statali per raccogliere tutte le informazioni necessarie. Solo dopo questa analisi è possibile esprimere un voto sull’affidabilità creditizia dello stato che ha richiesto il rating.
Terminato il lavoro dell’analista, entra in azione un comitato. Sarà, infatti, un organo collegiale, e non un singolo analista, a valutare tutto il materiale raccolto e ad esprimere un giudizio sotto forma di rating. In seguito, il rating viene votato a maggioranza dal comitato, formato da esperti del settore in cui opera la società che si sta valutando.
Dopo la votazione del rating, questo viene comunicato allo Stato richiedente. Esso può appellarsi, fornendo informazioni aggiuntive e chiedendo di avere un’ulteriore analisi. Il comitato può, se lo ritiene necessario, riunirsi e deliberare di nuovo sul rating alla luce delle informazioni aggiuntive, decidendo di cambiare il voto o di mantenere quello deciso in precedenza.
Una volta notificato il rating allo stato che ha voluto farsi valutare, si passa alla pubblicazione. Lo stato può chiedere che il rating non venga pubblicato: in tal caso resterà riservato e non di pubblico dominio. In caso di pubblicazione, invece, il rating diventa noto al mercato. Da questo momento in poi l’agenzia di valutazione tiene sotto monitoraggio il rating, per valutare eventuali promozioni o declassamenti.
Un modello differente prevede che gli studi siano finanziati dalla comunità finanziaria, che compra un quotidiano economico a diffusione di massa e a basso costo, tale da rendere accessibile in modo tempestivo (come quotidiano) e a un largo pubblico l’informazione finanziaria. Una seconda entrata deriverebbe dalle agenzie convocate tempestivamente in conferenza stampa, non appena siano acquisite informazioni price-sensitive. Tuttavia, è difficile dire quanto un modello di business così etico sia remunerativo dei costi della struttura. Quando l’informazione tempestiva è comunque obbligatoria per legge, il potere contrattuale maggiore è di chi fruisce le notizie, non di chi le produce.
Un problema viene a crearsi quando i risultati di uno studio di settore non aggiungono nessuna informazione che possa cambiare rating, e semplicemente confermano la solvibilità dell’emittente e il rating attuale. Non c’è rating sottovalutato per titoli da comprare, né rating sopravvalutato per titoli da acquistare, e in definitiva informazione che qualche acquirente abbia interesse a comprare. Lo studio è comunque un costo sostenuto da remunerare.
Davanti al declassamento di uno stato la comunità finanziaria raramente non reagisce con un deprezzamento, privilegiando le decisioni degli analisti rispetto alle ragioni portate dall’emittente. In questo senso, si è parlato di “dittatura degli analisti”, per il potere di condizionare l’economia riconosciuto loro dal mercato che in parte non tiene conto dei conflitti d’interesse talora esistenti, in altra parte è relativamente interessato ad un rating veritiero. Un declassamento o una sovrastima del rating aprono (a chi ha le giuste informazioni) occasioni di guadagno speculativo.
Spetta alle authority nazionali il riconoscimento delle tipologie di attività nelle quali il rating rilasciato da un’agenzia ha valore “ufficiale”, e può essere utilizzato secondo quanto previsto dalle leggi vigenti. Ad esempio, l’authority nazionale indica le Agenzie di Rating (ECAI) la cui valutazione può essere usata per gli accantonamenti di capitale previsti da Basilea II. La Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) indica i criteri internazionali di valutazione per la Agenzie di Rating, che le banche centrali devono applicare.
Ecco la tabella dei rating formulati normalmente dalle agenzie
Standard and Poor’s
AAA Elevata capacità di ripagare il debito
AA Alta capacità di pagare il debito
A Solida capacità di ripagare il debito, che potrebbe essere influenzata da circostanze avverse
BBB Adeguata capacità di rimborso, che però potrebbe peggiorare
BB, B Debito prevalentemente speculativo
CCC, CC Debito altamente speculativo
D Società insolvente
Moody’s
Aaa Livello minimo di rischio
Aa Debito di alta qualità
A Debito di buona qualità ma soggetto a rischio futuro
Baa Grado di protezione medio
Ba Debito con un certo rischio speculativo
B Debito con bassa probabilità di ripagamento
Caa, Ca, Investimento ad alto rischio
C, Realistico pericolo di insolvenza
Il rating è una sorta di pagella di solvibilità attribuita a uno stato. Processo che, in alcuni casi e per molteplici ragioni, può dare adito a fenomeni speculativi. Risulta essere innegabile che gli analisti coinvolti abbiano un forte potere di condizionamento sull’economia.
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Le azioni aurifere rappresentano uno strumento per investire in oro finanziario in modo indiretto. Questo significa che, acquistando azioni di società minerarie aurifere, non si effettua un investimento in oro, ma in società la cui attività principale è quella di estrarre il metallo giallo. La differenza è sostanziale e riguarda i rischi che presentano le due tipologie di investimento.
L’oro fisico comporta rischi minori rispetto alle azioni aurifere.
Al contrario dell’oro fisico, la cui quotazione è influenzata da diversi fattori (politici, valutari, economici e finanziari), l’investimento in società aurifere presenta rischi molto più elevati. Infatti, oltre ad essere condizionati dalla quotazione dell’oro, i prezzi delle azioni delle compagnie sono influenzati da altri aspetti, come la gestione societaria, la scoperta di nuovi giacimenti auriferi, la dinamica dei prezzi di borsa, eventuali incidenti nelle miniere con conseguenze per i dipendenti, la popolazione e l’ambiente.
Alla volatilità dei prezzi delle azioni aurifere occorre aggiungere il rischio di insolvenza e di fallimento delle società, per cui, in tal caso, chi possiede titoli azionari si ritrova con un capitale pari a zero. Questa situazione con l’oro fisico non potrà mai accadere, perchè l’oro anche se perde parte della sua quotazione, non diventerà mai carta straccia ed il suo valore intrinseco rimane.
Per questo motivo i titoli delle società aurifere sono considerati investimenti aggressivi di tipo growth (crescita). Con l’effetto leva operativa, gli utili societari tendono ad aumentare più del prezzo dell’oro nei periodi rialzisti del mercato, ma vanno incontro anche a rischi maggiori di ribasso nei momenti di riduzione della domanda di oro. Viceversa, l’investimento diretto nel metallo giallo è considerato di tipo value (valore), in quanto è stabile e conserva appunto il valore intrinseco dell’oro stesso.
Cosa deve fare il piccolo e prudente investitore.
Le quotazioni delle azioni aurifere sono, dunque, molto più volatili del prezzo del metallo prezioso e, di conseguenza, presentano più rischi, ma anche più opportunità di guadagno.
Un investitore prudente, con bassa propensione al rischio, preferirà impiegare il proprio capitale direttamente in oro fisico anzichè in azioni aurifere. L’investitore più esperto e più propenso al rischio potrà scegliere di acquistare azioni di società minerarie aurifere, ma con l’accortezza di diversificare una piccola parte del suo portafoglio e di ponderare bene la scelta valutando la qualità delle aziende su cui decide di investire (bilancio, utili, progetti di estrazione), la localizzazione delle miniere, ma anche il contesto politico ed economico del luogo dove operano le società.
Detto questo, si sconsiglia al piccolo risparmiatore di impiegare il proprio capitale direttamente in azioni aurifere. Se proprio lo desidera, può diversificare in Fondi comuni azionari o Etf specializzati in questo settore, ma sempre come diversificazione e con una piccola percentuale del proprio portafoglio.
Nel mondo esistono circa 700 società aurifere, in gran parte quotate in mercati regolamentati, con una capitalizzazione complessiva di circa 250 miliardi di dollari. La fetta più grossa del mercato è concentrata su una quindicina di società, di cui solo 5 possiamo definire colossi del settore.
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Da alcune stime si evince che, su un totale di circa 150000 tonnellate di oro nel mondo, i privati investitori ne possiedono circa il 20%.
Gli europei detengono circa 10000 tonnellate di oro, di cui 4.000 la Francia e 2.500 la Svizzera, mentre in Italia, fanalino di coda in Europa, l’oro detenuto dai privati ammonterebbe a poche centinaia di tonnellate.
Risulta essere evidente che acquistare oro fisico è per l’investitore italiano un elemento poco rilevante per il suo portafoglio.
Acquistare Oro online presso Istituti autorizzati
Oggi è facile acquistare lingotti e monete d’oro e d’argento facilmente online, basta scegliere operatori europei autorizzati come GoldBroker. La convenienza è maggiore perché i prezzi sono più vantaggiosi e i costi di gestione inferiori.
L’acquisto può avvenire in euro oppure in dollari attraverso una custodia sicura perché la maggior parte delle società di avvalgono di banche e caveau situati in Svizzera o Singapore.
Acquistare oro presso Banche
E’ possibile investire in lingotti, monete e placchette. Oggi in Italia ci sono diversi Istituti di credito dove è possibile acquistare oro fisico. Storicamente sono due le banche impegnate attivamente nell’offerta: Banca Etruria e Banca Popolare di Vicenza. E’ possibile rivolgersi anche ad altri operatori, sempre che siano autorizzati ed in regola in base alla legge 7/2000.
Negozi Compro Oro.
Nel mercato dell’oro al dettaglio sono intervenuti operatori che hanno ottenuto un grande successo, complice anche la crisi economica: sono i “Compro Oro”, che devono essere registrati e autorizzati dalla Banca d’Italia. Oggi se ne contano circa 28 mila (ma sono poco meno di 400 registrati presso Bankitalia), ai quali si affiancano altri operatori (anche online) stimati in numero di circa 20mila. I piccoli e piccolissimi operatori sono spesso soggetti a controlli della Guardia di Finanza, anche per garantire la tutela degli interessi degli investitori.
Distributori automatici.
Infine, chi vuole acquistare oro fisico può farlo addirittura attraverso distributori automatici di lingottini e di monete. Questi distributori, chiamati “Gold to go”, distribuiscono piccoli lingotti da 24 carati e monete d’oro anche da collezione.
Il primo distributore al mondo è stato installato a maggio 2010 presso l’Emirates Palace Hotel di Abu Dhabi. Il 23 settembre dello stesso anno un altro distributore è stato installato a Madrid presso l’Hotel Westin Palace in concomitanza con il primo distributore in Italia (e al mondo) in un aeroporto, quello di Orio al Serio di Bergamo. Nel nostro Paese esiste un distributore anche nell’aeroporto di Linate a Milano. Nei due distributori italiani i pagamenti vengono effettuati solo con carta di credito.
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