Soldi

Rapporto Giuridico Patrimoniale nel Contratto

L’art 1321 richiama espressamente il concetto di «rapporto giuridico patrimoniale». Il termine «rapporto» presenta una certa ambiguità in quanto con esso si può intendere sia il rapporto obbligatorio in sé atomisticamente considerato; sia la sintesi o il collegamento dei singoli rapporti obbligatori (cioè, tanto l’obbligazione della parte che quella della controparte; o, in termini diversi, ad es. nella compravendita, il rapporto tra venditore e acquirente) al fine della produzione dell’effetto finale. In realtà, il rapporto potrebbe anche mancare del tutto come capita, ad esempio, nell’ipotesi della permuta di cose già in possesso dei rispettivi acquirenti che, com’è noto, è un contratto a soli effetti traslativi (arg. ex art. 1376). Si può anche pensare al rapporto (regolamento giuridicamente vincolante) come insieme delle conseguenze giuridiche necessarie a realizzare il «precetto negoziale».

La dottrina del contratto ritiene che il concorso del profilo strutturale con quello funzionale dia origine ad una situazione soggettiva complessa (il rapporto fondamentale), la cui misura interna è rappresentata dal sinallagma funzionale [inteso come proiezione e sintesi in executivis del regolamento prefigurato nell’atto (sinallagma genetico)], da cui dipartono i singoli rapporti (elementari), il cui combinarsi ed intrecciarsi è strumentale al raggiungimento dell’effetto finale o, meglio, alla conclusione dell’intero ciclo contrattuale ed al conseguimento degli interessi che le parti hanno inteso realizzare.
Il rapporto non va confuso con la rilevanza (o effetto fondamentale) che segna l’ingresso del contratto nel sistema dei valori giuridici, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 1372, 1° co., «il contratto ha fama di legge tra le parti». Tale effetto —che rappresenta la conseguenza di un giudizio di qualificazione e, quindi, di validità” — si produce, infatti, senza alcuna necessità di essere intermediato dal rapporto.

Si è parlato in domina di una “situazione giuridica mezzo” strumentale alla produzione di una “situazione giuridica risultato”. Il binomio pone in buona luce il fatto che il contratto non tende alla creazione di obblighi e di relative pretese [da ciò gli aspetti di relatività (o temporaneità) dell’obbligazione e del rapporto]; ma, alla creazione di un quid navi nelle rispettive sfere giuridiche dei contraenti (la definitività del risultato finale).
Attraverso il rapporto, il contratto, come si è detto, si salda con la disciplina delle obbligazioni, ex art. 1173, che, ne rappresenta il tramite generale della sua esecuzione; o, come si è appena accennato, il mezzo (obbligazioni di dare, di fare, di non fare) attraverso cui si produce l’effetto finale al quale tende il regolamento contrattuale (costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale).
Fa eccezione l’effetto traslativo della proprietà (ex  art. 922) che non transita per l’obbligazione stante la sufficienza del «consenso delle parti legittimamente manifestalo» (art. 1376). Ciò vuol dire che l’effetto traslativo — cioè il passaggio da un soggetto all’altro della proprietà — prescinde dalla nozione di rapporto. Conviene precisare che il contratto non è mai un fatto costitutivo della proprietà, in quanto la proprietà ha fonte esclusiva in fatti originari. Il contratto vale a modificare la titolarità del diritto, se questa già esisteva, in capo al dante causa; oppure è fattispecie costitutiva del diritto di proprietà nelle ipotesi previste dalla legge (arti. 1153, 1159, 1159 bis, 2° co.) dove concorre con altri elementi essenziali (ad es. il possesso, la trascrizione).
Il rapporto diviene, infine, oggetto di autonoma considerazione allorché si interseca, per un verso, con la cessione del credito (arti. 1260 ss.) e, per altro verso, con la delegazione, l’espromissione e l’accollo. Questi contratti, com’è noto, operano sul rapporto obbligatorio modificandone o la posizione soggettiva attiva, cioè la posizione del creditore, o la posizione soggettiva passiva, nel senso che muta la posizione del debitore. Tali mutamenti si realizzano o attraverso il meccanismo della novazione – che vuol dire estinzione dell’obbligazione e costituzione di una nuova obbligazione (diversa sia per oggetto che per titolo, la quale prende il posto della precedente)n – o attraverso la successione nel debito – che si ha allorquando un debitore subentra ad un altro nel medesimo rapporto obbligatorio con la conseguenza che il rapporto rimane invariato, giacché se dovesse cambiare cadremmo nello schema della novazione con estinzione del rapporto esistente e costituzione di un nuovo rapporto.

Bisogna chiarire che la cessione del credito è un effetto che viene prodotto non mediante un negozio a sé stante, chiamato «castrano di cessione dei credito». ma mediante i comuni contratti mutativi tipici, onerosi o gratuiti (compravendita, permuta, donazione). Simmetricamente l’accollo – non é un negozio a sé stante, ma è una modalità di un contratto sia nominato che innominato.
In proposito, è il caso richiamare la distinzione tra contratto tipico – inteso come contratto avente un particolare contenuto economica giuridicamente rilevante, quindi dotato di una propria causa (vendita, trasporto, ecc.) e fattispecie tipica – priva di un peculiare contenuto economico e, quindi, di una propria causa. In quest’ultima è. infatti, presente una struttura del rapporto che  disciplina la direzione dell’effetto mediante, per esempio, l’impiego degli elementi accidentali del contratto, contratto condizionale, contratto per persona da nominare, contratto in favore del terzo, ecc.

Riassumendo, il contratto: (i) ai sensi dell’art. 1372, 1° co., col perfezionarsi, è impegnativo per le parti (c.d. effetto fondamentale), (ii) ai sensi dell’art. 1173 è fonte di rapporti obbligatori; (iii) (ovvero) ai sensi degli arti 922 e 1376 è fonte di trasferimento dei diritti reali.

read more

Come Individuare le Banconote False

Trovare una banconota falsa nel portafogli purtroppo non è un evento così raro: ogni anno ne vengono ritirate circa 800mila in Europa. E’ una spiacevolezza che ci possiamo risparmiare con un po’ di attenzione: basta guardare e toccare le banconote alla ricerca dei giusti segnali per capire in pochi secondi se siamo di fronte a un falso.

Con l’aiuto del sito della Banca Centrale Europea, ecco quali sono gli elementi da controllare per non essere truffati.
In generale, meglio fare almeno due o tre verifiche, perché la principale difficoltà per i falsari non è riprodurre il singolo elemento per far sembrare la banconota autentica, ma avere gli strumenti per riprodurli tutti insieme. In caso di dubbio, un metodo veloce è confrontare quella sospetta con un’altra della cui autenticità siamo certi (per esempio, ritirata da un istituto bancario).

Tatto
La carta deve essere di puro cotone, un po’ rigida, e non deve avere un aspetto cerato. L’immagine principale deve essere leggermente in rilievo: ce ne possiamo accorgere sfiorandola con i polpastrelli. Le banconote di taglio più alto, 200 e 500 euro, hanno ulteriori segni in rilievo lungo i bordi, per facilitare il riconoscimento da parte dei non vedenti.

Vista
Fate attenzione al disegno in trasparenza, la filigrana. La si osserva guardando le banconote in controluce. Il passaggio tra le zone in chiaro e quelle in scuro è leggermente sfumato e non netto. In questo modo, le zone più chiare diventano leggermente più scure se appoggiamo la banconota su una superficie scura. Il punto migliore per fare questa verifica è la cifra, il numero che dà il valore della banconota.

Inoltre, i segni stampati negli angoli superiori su entrambi i lati di una banconota si combinano perfettamente e creano il numero che dà il valore. La cifra è visibile anche se teniamo il biglietto in controluce. Con questo metodo, si vede anche il filo di sicurezza, che appare ai nostri occhi come una striscia nera.

Banconote da 5 e 10 euro
Questi biglietti hanno un’immagine sulla striscia olografica, visibile se muoviamo la banconota. A seconda del movimento, vedremo nella striscia fluorescente il valore o il simbolo dell’euro. Su queste banconote si vede anche una striscia brillante dorata sul retro, che reca il valore numerico e il simbolo dell’euro. Nella striscia olografica, in controluce si vede anche il simbolo dell’euro ricreato da tante minuscole perforazioni.

Alla luce ultravioletta
Sotto questa luce, la carta deve rimanere opaca, mentre le fibrille fluorescenti nella carta diventano visibili. Lo sfondo acquista un colore verde, così come la firma del presidente della Bce, mentre le stelle della bandiera dell’Unione europea diventano arancioni e i cerchietti fluorescenti. Sul retro, invece il ponte e la cartina della Ue e la cifra del valore nominale diventano gialle o verdi. Si tratta di uno dei sistemi utilizzati dai rilevatori di banconote false.

Micro-scritte
Per essere proprio certi dell’autenticità, su ogni banconota ci sono iscrizioni piccolissime. Quelle da 0,8 millimetri sono visibili a occhio nudo, mentre per quelle da 0,2 millimetri serve una lente di ingrandimento. In entrambi i casi, i caratteri devono essere nitidi e non sfocati.

Cosa fare
Avete tra le mani una banconota contraffatta: ecco come dovete comportarvi. Bisogna andare in una banca o in un ufficio postale. Lì esamineranno il biglietto. L’impiegato ha il dovere di ritirare la banconota dalla circolazione, se la ritiene falsa, oltre a farne una copia e a scrivere un verbale. Se dopo il controllo della Banca d’Italia la banconota risulterà falsa, sarà ritirata, senza essere rimborsata, cosa che avviene se invece l’impiegato della banca o delle Poste era in errore.

read more

Hedge Fund – Definizione e Significato

Secondo un’opinione molto diffusa, gli hedge funds costituiscono la forma di investimento collettivo più rischiosa, perché adottano strategie non tradizionali, come per esempio l’utilizzo di strumenti derivati (futures e option), la vendita
allo scoperto (cioè senza possedere i titoli venduti), il leverage (ossia l’impiego di risorse prese a prestito) e così via. In
realtà, soltanto una minima parte degli hedge funds persegue strategie di investimento a elevatissimo profilo di rischio,
mentre la maggior parte di loro persegue strategie opposte, volte cioè alla riduzione del rischio e alla realizzazione di un
profitto costante. D’altronde, il loro stesso nome denota la loro più intima natura, che dovrebbe essere quella di proteggersi (hedge significa copertura) contro il rischio.

Questa falsa opinione, tuttavia, non è priva di ragioni apparentemente plausibili: la principale mette in relazione il fatto
che gli hedge funds siano accessibili soltanto ai risparmiatori più facoltosi (l’investimento minimo può variare tra i
200mila e i 20 milioni di dollari) con la supposizione che i rischi connessi alle loro strategie di investimento siano molto
alti. Ma la vera ragione per cui le leggi prevedono soglie minime di partecipazione molto elevate sta nel fatto che si tratta di fondi non regolamentati e chiusi: ciò significa che i partecipanti non hanno specifici diritti di informazione circa le
operazioni poste in essere dai gestori e che non possono chiedere il rimborso della quota prima che sia trascorso un certo numero di anni dopo l’iscrizione. Due aspetti, questi, che di per sé rendono gli hedge funds adatti soltanto ai risparmiatori facoltosi, indipendentemente dal grado di rischio connesso alla strategia di investimento perseguita.

L’Associazione degli hedge funds distingue 14 diverse strategie di investimento, ordinandole in cinque diverse classi di
rischio: molto alto, alto, moderato, basso, variabile. Le strategie in assoluto più rischiose, ossia quelle che offrono in alcuni anni rendimenti altissimi e in altri rendimenti anche profondamente negativi, sono perseguite dai fondi specializzati nell’investimento in Paesi emergenti (Emerging Markets), nelle vendite allo scoperto (Short Selling) e dai fondi cosiddetti Macro, i quali fondano le proprie decisioni di investimento sugli effetti che le scelte di politica economica adottate di volta in volta dai diversi Stati possono avere sui mercati finanziari.

Meno rischiosi, ma caratterizzati comunque da un’elevata volatilità dei rendimenti, sono gli hedge funds Aggressive
Growth che investono principalmente in società di piccole dimensioni ad alto potenziale di sviluppo con rapporti prezzo/utili elevatissimi (e quindi poco o affatto redditizie al momento dell’investimento) e i fondi Market Timing, che basano le proprie decisioni di acquisto o di vendita sulla percezione del gestore che sia il momento giusto.

Sono caratterizzati da una moderata volatilità di rendimento i fondi Distressed Securities che investono in titoli di società in ristrutturazione o vicino al fallimento; i fondi dei fondi (Fund of Funds), la cui attività consiste nell’acquisire quote
in altri hedge funds o organismi di investimento collettivo; i fondi Special Situations che investono in titoli di società
interessate da operazioni di straordinaria amministrazione (fusioni e acquisizioni ostili); e i fondi Value che investono in
titoli ritenuti ingiustificatamente sottovalutati dal mercato. É infine basso il profilo di rischio degli hedge funds Income,
che investono soprattutto in titoli di debito, e dei Market Neutral-Arbitrage, i quali cercano di trarre vantaggio dalle inefficienze di mercato che determinano, per esempio, discrepanze di prezzo su uno stesso titolo in mercati geografici
differenti.

read more

Come Utilizzare la Cambiale nel Modo Giusto

C’è la crisi! Questa è la frase più usata e scontata che tutti gli italiani hanno sulle labbra quando aprono lo scadenziario dei fornitori.

Le banche non hanno mai visto un rifiorire cosi importante di cambiali. Nel tempo la cambiale non ha mai avuto una grande recessione ma mai come ultimamente è tornata in voga.

Come saprete certamente le cambiali possono essere pagherò o pagherete.

Pagherò è il cliente che firma e si impegna a pagare la cambiale alla scadenza, il pagherete, che è caduto ultimamente in disuso, veniva emesso dal fornitore sul cliente che gli imponeva di pagare alla scadenza.

Tenendo presente che è sempre bene che il bollo, 12 per mille, apposto a retro, sia sempre calcolato per difetto, è importante che il debitore apponga sempre codice fiscale e, se ditta, partita IVA.

Controllare per bene se la cifra in numero corrisponda a quella in lettere, e controllate che il nome del creditore sia scritto esattamente (attenzione alle doppie, o alla sigla della società).

Inoltre apporre sempre la banca d’appoggio, con il codice ABI e CAB. Questi due non sarebbero obbligatori, ma è bene che siano sempre apposti.

Nel caso si verificassero correzioni, ricordare di fare apporre una firma e la dicitura: Accetto la correzione.

La cambiale è bancabile entro il minimo termine di quaranta giorni dalla scadenza. Quindi se dovete incassare una cambiale portatela al più presto in banca.

La cambiale può essere a vista o datata.

A vista, vuole dire che il termine di pagamento corrisponde alla consegna dell’avviso da parte della sua banca, in pratica alla presentazione dell’effetto.

A scadenza vuole dire che il termine di pagamento è indicato sulla cambiale.

Se questa viene presentata sotto i quaranta giorni di bancabilità. l’effetto è da considerarsi a vista, in quanto può capitare che non arrivi per la scadenza nelle mani del debitore, e quindi quando arriva va pagata.

Sicuramente la cambiale non pagata, prima del protesto, va dal Segretario comunale che si prodiga a contattare il cliente e a farlo pagare (questo detto in parole povere).

Se entro fine mese, scadenza in cui tutti i titoli non pagati, devono essere protestati, il segretario passa per il protesto gli effetti alla Camera di commercio.

Piccolo trucco: se dovete emettere una cambiale, concordate con il vostro fornitore una scadenza all’inizio del mese, il segretario comunale a maggiore facilità a darvi una mano prima di emettere il protesto.

Per evitare questo far compilare la cambiale, controllare e poi apporre la marca.

Ricordate che la nota valori va sempre compilata e registrata sia in contabilità ordinaria che in semplificata.

read more

Green Shoe – Definizione e Significato

Green shoe all’origine era semplicemente la denominazione di una società statunitense produttrice di scarpe verdi.
Essa però ebbe la ventura di essere la prima a lanciare una sottoscrizione pubblica “con scorta” di titoli. L’obiettivo era
di mantenere quanto più possibile stabile il corso dei titoli emessi anche dopo la chiusura dell’offerta.
Da allora, nei mercati finanziari green shoe è andato via via perdendo ogni riferimento alla società che per la prima volta aveva adoperato l’espediente della riserva di titoli, acquisendo dignità di nome proprio.

Attualmente con green shoe viene indicata proprio la riserva di titoli, di solito azioni, che il sindacato di banche incaricato del collocamento tiene a disposizione nel caso in cui la domanda ecceda in misura rilevante l’offerta pubblica di
vendita o sottoscrizione.

In questo caso, per evitare che il prezzo dei titoli oscilli violentemente nelle prime settimane successive all’offerta (evento
sgradito sia all’emittente che ai sottoscrittori), il sindacato può decidere di immettere sul mercato i titoli presenti nella
riserva.
Generalmente l’utilizzo della green shoe avviene nelle prime due settimane successive la chiusura dell’offerta e in ogni
caso non oltre i 30 giorni.

La dimensione della green shoe varia in funzione dei gradi di flessibilità che si vogliono mantenere sull’operazione. Una
green shoe ridotta lascia poco spazio di manovra al sindacato di collocamento, aumentando il rischio volatilità. Per contro, una abbondante green shoe consente di attutire anche forti tensioni sul titolo. Di norma, la green shoe si colloca all’interno dell’intervallo 1%-10% rispetto al valore globale dell’offerta.

read more