Lavoro

Irrogazione della Sanzione Disciplinare e Procedimento Penale

In questa guida spieghiamo come deve avvenire l’irrogazione della sanzione disciplinare in presenza di infrazioni del lavoratore penalmente rilevanti.

Immediatezza
Con riferimento ad infrazioni del lavoratore penalmente rilevanti non è configurabile la violazione del principio di immediatezza tra contestazione e provvedimento disciplinare, anche se questo sia intervenuto dopo un lungo intervallo temporale rispetto alla contestazione. In particolare, la Corte di Cassazione ritiene sussistente il requisito della tempestività del licenziamento, in caso di intervenuta sospensione cautelare di un lavoratore sottoposto a procedimento penale, poiché la definitiva contestazione disciplinare ed il licenziamento per i relativi fatti ben possono essere differiti in relazione alla pendenza del procedimento penale stesso.

Carcerazione del dipendente
Il comportamento del datore di lavoro che decida di mantenere in servizio il dipendente, dopo un periodo di carcerazione, riservandosi di applicare la sanzione all’esito degli accertamenti in sede giudiziaria, non può essere interpretato come rinunzia all’esercizio del potere disciplinare.

Sentenza di condanna e patteggiamento
Qualora un contratto collettivo condizioni l’irrogazione del licenziamento alla sentenza penale di condanna passata in giudicato, può il giudice di merito, nell’interpretare la volontà delle parti collettive espressa nella clausola contrattuale, ritenere che gli agenti contrattuali, nell’usare l’espressione sentenza di condanna si siano ispirati al comune sentire che a questa associa la sentenza c.d. di patteggiamento ex art. 444 c.p.p., atteso che in tal caso l’imputato non nega la propria responsabilità, ma esonera l’accusa dall’onere della relativa prova in cambio di una riduzione di pena; ne consegue che è del tutto irrilevante che il licenziamento sia stato irrogato prima dell’irrevocabilità della sentenza di patteggiamento.

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Come Mantenere al Sicuro la Posta Elettronica

Utilizzando le mail e la messaggistica istantanea occorre cominciare a preoccuparsi di mantenere segreta la password per preservare la propria privacy e -qualora vi siano abbinati dati sensibili- il proprio denaro.

La posta elettronica è la seconda applicazione web più utilizzata dagli internauti, è facile comprenderne il perché: permette di comunicare immediatamente, gratis e allegando contenuti multimediali. Un’utenza così vasta non deve però sottovalutare i rischi che possono derivare dalla propria casella di posta elettronica. Spesso proprio le pratiche mail vengono sfruttate come veicolo per inviare agli utenti spam, virus, malware e tentativi di phishing. Questo vuol dire in modo più semplice che la mail può essere il tramite di infezioni per il pc, malfunzionamenti, pubblicità e tentativi di spionaggio di dati sensibili dell’utente.

Per evitare questi disagi, più o meno gravi a seconda del caso occorre correre ai ripari. Anzitutto non si può navigare via internet in assenza di un buon antivirus. Per l’antispam si può fare affidamento o su programmi specifici, oppure sulle funzioni in tal senso messe a disposizione dalle stesse caselle postali (un buon servizio antispam è dato agli utenti gmail, per esempio).

Il rischio del phishing non deve essere trascurato in quanto si tratta letteralmente di tentativi di spionaggio diretti da malintenzionati che sono in grado di accedere nel pc, di chi apre la mail, sfogliarne le cartelle e spesso anche carpirne dati sensibili come le password di carte di credito o similari. In generale si deve diffidare delle mail con destinatari non conosciuti o senza ‘oggetto’, oppure con ‘oggetto’ evidentemente promozionale e poco credibile (es. c’è da diffidare di eventuali vincite notificate via mail, di proposte di guadagno, di farmaci particolari, promesse d’incontri sensazionali, ecc.). Nello specifico vanno considerate con occhio attento le mail che richiedono dati specifici da parte di banche, conti postali, assicurazioni, ecc. Gli enti ufficiali che abbiano davvero necessità che l’utente fornisca coordinate bancarie, renderà anche possibili contatti telefonici e sarà a conoscenza di dati precedentemente forniti nel contratto stipulato tra le parti. Le mail che secondo tali criteri possano sembrare di dubbia affidabilità, vanno eliminate possibilmente senza nemmeno aprirle preventivamente.

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Come Aprire una Yogurteria

Una guida ricca di consigli, informazioni sulle procedure ed elenco dei requisiti di base per comprendere bene cosa è necessario fare per aprire una yogurteria e avviare un business di vero successo: troverete informazioni di base dall’arredamento, all’iscrizione alla Camera di Commercio, fino ai vincoli sanitari da rispettare.

Come aprire una yogurteria
Aprire una yogurteria non è molto diverso dall’aprire una gelateria, con la differenza che lo yogurt, rispetto al gelato, è un alimento molto più salutare, naturale e genuino, ma non per questo meno sfizioso e goloso per il palato.
Questo, il ridotto apporto calorico e la presenza di fermenti lattici vivi ha fatto sì che, negli ultimi anni, il consumo di yogurt abbia quasi pareggiato quello del tradizionale gelato, diventandone un’ottima alternativa e un’occasione per gustare qualcosa di fresco, goloso e salutare nel periodo estivo… ma anche nelle altre stagioni dell’anno.
Vediamo ora come si apre una yogurteria di successo, quali sono i requisiti necessari sia dal punto di vista sanitario che a livello di arredamento, attrezzature e preparazione tecnica.

La prima regola quando si apre una yogurteria è quella di scegliere una via o un luogo di passaggio pedonale molto intenso, oppure su una grande arteria di comunicazione molto trafficata, ma solo a patto di disporre di una comoda area di parcheggio nelle vicinanze.
Le location ideali a questo proposito sono, quindi, i centri commerciali, le piazze e le vie del centro, parchi e giardini, zone dove si trovano scuole, uffici e università, stazioni ferroviarie, vie dei locali e del divertimento. Ancora, si può aprire una yogurteria all’interno di una palestra, di un circolo sportivo o di una piscina.
Per quel che riguarda lo spazio, una quarantina o una cinquantina di metri quadrati solitamente sono sufficienti per il bancone, qualche sgabello e qualche tavolino, magari arricchiti da una zona all’aria aperta dove i clienti possono consumare gli yogurt gelati.
Nel caso di yogurteria all’interno di un centro commerciale, lo spazio può essere anche più ridotto, in quanto i clienti possono approfittare dei tavolini solitamente messi a disposizione dallo stesso centro nell’area food.

La gestione e l’attività
Oltre ovviamente alla partecipazione a corsi professionali per la preparazione di yogurt gelato, che sono la base del business, e a un po’ di fantasia e di creatività per quel che riguarda gusti e sapori, per aprire una yogurteria bisogna effettuare l’iscrizione alla Camera di Commercio e aprire una Partita IVA.
Per potere operare è anche necessario che l’ASL certifichi, dopo aver eseguito i controlli di routine, che i locali siano in regola con le normative vigenti in fatto di requisiti igienico-sanitari, assicurandosi anche che tutto il personale che lavora nella yogurteria abbia il libretto di idoneità sanitaria in regola.
E una volta che tutte le questioni tecniche, burocratiche e legislative sono in ordine, bastano passione, impegno e un pizzico di fantasia per aprire una yogurteria dal successo assicurato.

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Come Funziona l’Associazione in Partecipazione

Strumento di collaborazione tra lavoratore e imprenditore, alternativo rispetto al rapporto di lavoro autonomo o subordinato, che si realizza attraverso un negozio giuridico ad effetti obbligatori, sinallagmatico, ovvero a prestazioni corrispettive, e aleatorio.

Nozione codicistica del contratto di associazione in partecipazione
Contratto mediante il quale “l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto” (Art. 2549 c.c.)
L’art. 1, comma 28 della legge n. 92/2012, ha introdotto un secondo comma al citato articolo 2549 del codice civile, che pone delle restrizioni nell’utilizzo e nella stessa nozione dell’istituto del contratto di associazione in partecipazione, prevedendo che “Qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione di tale divieto, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.
Restrizioni che non si applicano, limitatamente alle imprese a scopo mutualistico, agli associati individuati mediante elezione dall’organo assembleare (art. 2540 cc), il cui contratto sia certificato dagli organismi abilitati (art. 76 D.lgs. n. 276/2003), nonché in relazione al rapporto fra produttori e artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento (Art. 2549 cc modificato dall’art. 7, comma 5, lett. a), n. 2-bis,D.L. 28 giugno 2013, n. 76)

Tipologia del contratto di associazione in partecipazione
Risulta essere un contratto di scambio in cui coesistono le obbligazioni contrapposte dell’associato consistente nel conferimento di un certo apporto e dell’associante consistente nell’attribuzione di una quota del risultato. Si applicherà pertanto la disciplina prevista dagli artt. 1453 e ss. in materia risoluzione dei contratti con prestazioni a carico di ambedue le parti per inadempimento.
Non mancano in tale tipo di contratto elementi in comune con i contratti di tipo associativo, come la presenza di uno scopo comune, la condivisione degli effetti del risultato in termini positivi e negativi, la necessità del consenso dell’associato ai fini dell’estensione dell’associazione ad altri soggetti (Art. 2550 c.c.), senza però arrivare alla costituzione di un autonomo patrimonio comune e alla gestione comune dell’impresa per poterlo qualificare nei termini di un contratto societario.

Soggetti del contratto
Associante: Ha la titolarità e la conduzione dell’impresa o dell’affare, assume ogni iniziativa economica, senza dovere chiedere pareri e consensi all’associato, ed è responsabile in via esclusiva verso i terzi (Art.2551 c.c.).
Grava sull’associante il dovere di correttezza, di lealtà e di diligenza secondo le disposizioni di carattere generale, nonché l’obbligo di fornire all’associato il “rendiconto dell’affare compiuto o quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno” (Art. 2552 c.c.).
L’associante deve inoltre investire nell’impresa o nell’affare l’apporto dell’associato, come risulta dal tipo di contratto.

Associato: Titolare di un diritto di credito sugli utili dell’impresa o dell’affare in rapporto al valore dell’apporto conferito. La partecipazione agli utili si determina in base ai ricavi al netto dei costi relativi. Nella stessa misura in cui partecipa agli utili l’associato partecipa alle perdite, (Art. 2553 c.c.), salvo che i contraenti non dispongano diversamente.
In nessun caso, comunque, le perdite subite dall’associato possono superare il valore del suo apporto. La partecipazione economica dell’associato può anche essere commisurata ai soli ricavi essendo anche tali elementi idonei a provare uno specifico interesse dell’associato ai risultati dell’attività e la partecipazione dello stesso al rischio d’impresa.
Entro i limiti dei poteri conferitigli l’associato può essere incaricato della gestione dell’impresa o di parte di essa sia interna che esterna.
L’associato ha diritto al rendiconto dell’affare compiuto o della gestione annuale; deve essere informato sull’andamento aziendale e può esercitare un mero controllo sulla gestione dell’impresa e sulla sua rispondenza all’impegno contrattualmente assunto.

Oggetto del contratto:
Oggetto del contratto, secondo la giurisprudenza prevalente, può essere un apporto di natura patrimoniale, quale può essere il conferimento di un bene o di un capitale, e/o di natura personale quale può essere la prestazione di un’attività lavorativa o la realizzazione di un’opera o di un servizio, sempre nei termini di lavoro autonomo o di contratto di lavoro professionale, giammai di lavoro subordinato.
Come stabilito dall’art. 1, comma 30 della legge n 92/2012, i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile, si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Forma del contratto: Per l’associazione in partecipazione non è prevista una forma particolare.
In relazione al tipo di apporto, tuttavia, è obbligatoria la forma scritta, come nel caso di conferimento di immobili, o l’osservanza procedure e adempimenti, in caso di conferimento di un’attività lavorativa, per quanto riguarda il rispetto delle misure antinfortunistiche e la tutela assicurativa e previdenziale.

Durata dell’associazione in partecipazione
Il contratto può avere una durata limitata o essere stipulato a tempo indeterminato. Non esiste un termine minimo per la validità del contratto.

Trasformazione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
-in caso di apporto di prestazione lavorativa violazione del limite massimo di 3 associati (comma 2, art. 2549 c.c.)
-assenza di effettiva partecipazione dell’associato agli utili
-mancata consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 c.c.
-qualora l’apporto di lavoro non presenti i requisiti di cui all’articolo 69-bis, comma 2, lettera a), del D.lgs. n. 276/2003, che prevede che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi
Ai sensi dell’ art.1 comma 29, legge n.92/2012, in via transitoria, sono comunque fatti salvi fino alla loro cessazione, i contratti di associazione in partecipazione che siano stati certificati entro il 18/07/2012, data di entrata in vigore della legge citata.

Giudice competente
Se insorgono controversie tra le parti occorre la competenza è del Giudice del lavoro (Art. 409 c.p.c.)

Certificazione dei contratti di lavoro
Risulta essere prevista dall’art. 75 del D.Lgs n. 276/2003 la possibilità di certificare il contratto di associazione in partecipazione e attraverso la procedura di certificazione verificare se esistono i presupposti per non incorrere in fenomeni di elusione delle disposizioni di legge e dei CCNL applicabili.
Per una definitiva qualificazione giuridica si devono comunque valutare le modalità attuative, e le caratteristiche dell’effettivo rapporto di lavoro intercorso tra le parti, in relazione anche all’orientamento giurisprudenziale (Cass. N. 3894 del 2009) secondo cui “l’elemento differenziale tra le due fattispecie (rapporto di associazione in partecipazione e lavoro subordinato) risiede nel contesto regolamentare patrizio in cui si inserisce l’apporto della prestazione lavorativa, dovendosi verificare l’autenticità del rapporto di associazione”.
Da ciò discende che non può escludersi un rapporto di associazione in partecipazione anche se il soggetto partecipa solo agli utili e non anche alle perdite e ha la garanzia di un guadagno minimo.

Obblighi assicurativi e previdenziali
– Art. 43 D.L. 269/2003 (Legge n. 326/2003) e art. 1, comma 157, legge 311/2004: Obbligo d’iscrizione degli associati che apportano solo lavoro e che non siano iscritti ad un Albo professionale nella gestione separata INPS (Legge n. 335/1995).
– L’aliquota contributiva rideterminata dalla circolare INPS n. 13/2009 è pari a 25,72% per i soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, e 17,00% per i soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria, ripartita in misura del 45% a carico dell’associato e del 55% a carico dell’associante.
– Il versamento deve avvenire a cura dell’associante entro il 16 del mese successivo a quello dell’erogazione del compenso.
– Obbligo di denunciare all’INAIL, attraverso la comunicazione obbligatoria ai Servizi per l’impiego, la posizione lavorativa degli associati che apportano lavoro manuale o sovraintendono al lavoro altrui.
– Il premio dovuto all’INAIL è calcolato in relazione alla retribuzione di ragguaglio di cui all’art. 30, comma 4, del D.P.R. n. 1124/1965.

Aspetti fiscali
– Apporto di capitale e lavoro: Le erogazioni utili sono assimilate al reddito di capitale (Art. 27, comma 1, D.P.R. n. 600/1973) e assoggettate a ritenuta alla fonte del 12,50% se la partecipazione non supera il 25% degli utili, in caso contrario non viene operata alcuna ritenuta costituendo l’erogazione parte integrante del reddito dell’associato nella misura del 49%.
– Apporto di solo lavoro: Le erogazioni sono assimilate ai redditi di lavoro autonomo e assoggettate alla ritenuta fiscale del 20%. Gli utili corrisposti, che per l’associante costituiscono un costo d’impresa, non sono soggetti ad IVA se la prestazione è resa da soggetto non professionista

Altri obblighi di natura pubblicistica
Comunicazione preventiva di assunzione al Centro per l’impiego
Registrazione dell’associato sul Libro unico del lavoro entro il 16 del mese successivo a quello dell’assunzione.
Annotazione sul Libro unico del lavoro dei compensi erogati e delle ritenute fiscali e previdenziali operate.

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Come Diventare un Grafico

La professione del “grafico” è particolarmente adatta alle persone creative e con temperamento artistico. Il grafico è un esperto che si occupa di immagine, da una brochure pubblicitaria alla pagina di un giornale, dalla locandina di un film ad un sito Internet. Ovviamente, per poter esercitare questa attività, è necessario saper utilizzare i software di grafica oggi in commercio, che sono sempre più sofisticati. E’ sempre consigliabile frequentare un corso di formazione se si è alle prime armi, o di specializzazione se si possiedono già le competenze di base.

Scegliere un corso
E’ importante districarsi tra una miriade di corsi di grafica, scegliendo quello più giusto e adatto alle proprie esigenze, e che sia organizzato seriamente. Intanto potete dare uno sguardo al sito ufficiale dell’Associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva. Nella città di Urbino si può frequentare uno dei corsi in progettazione multimediale organizzato dall’Accademia di belle arti. Se invece ci si vuole laureare in “Disegno industriale”, si può scegliere uno degli Istituti superiori per le industrie artistiche (Isia), presenti a Firenze, Faenza, e Roma.

Aprire un’attività in proprio
Per mettersi in proprio non occorre un investimento molto consistente. Bastano 5.000 euro per l’acquisto di un computer e i programmi più usati dai grafici. E’ necessario aprire la partita Iva e iscriversi alla Camera di Commercio (www.camcom.it), e poi trovare un locale per lo studio (anche piccolo, di 50 metri può andare bene). I programmi che bisogna procurarsi sono: QuarkXPress e Illustrator per l’impaginazione editoriale, Flash, Dreamweawer e Fireworks per la creazione di siti web. Per aprire un’agenzia di servizi pubblicitari è necessaria una serie di adempimenti burocratici: conto fiscale; apertura della partita Iva (da richiedere all’Ufficio delle entrate competente); Inps; Inail; iscrizione al Registro delle imprese; tassa sui rifiuti; agibilità dei locali; valutazione del rischio, ai sensi della legge n. 626/1994; autorizzazione per insegne e cartelli segnaletici. E’ possibile informarsi sulle forme di finanziamento previste per questo tipo di attività, come quelle per l’imprenditoria femminile o il prestito d’onore. Comunque è consigliabile avere un capitale (anche minimo) da investire, visto che i costi di gestione da affrontare sono parecchi.
Diverso è il caso di chi opera in modo non professionale, situazione in cui è possibile emettere una ricevuta per prestazione occasionale.

Il grafico pubblicitario
Risulta essere un professionista esperto che lavora nel campo editoriale (carta stampata) e della pubblicità in generale. In particolare, il suo lavoro consiste nel progettare tutto ciò che concerne l’immagine di un’azienda (logo, insegna, modulistica varia, veste grafica delle etichette dei prodotti, ecc.). Per diventare un grafico in gamba è indispensabile possedere una conoscenza approfondita di Internet e delle strategie di comunicazione multimediale. Deve inoltre conoscere le tecniche di impaginazione e scansione delle immagini, saper applicare i principi riguardanti il disegno artistico e la progettazione grafica. E’ importante, inoltre, che sappia interpretare correttamente il messaggio che i clienti intendono trasmettere attraverso le immagini e i colori scelti. Le competenze di tipo tecnico devono essere affiancate alle capacità organizzative e alla predisposizione ai contatti interpersonali. Il grafico pubblicitario può lavorare comodamente da casa come free-lance, o essere assunto all’interno di un’azienda. Si tratta di un lavoro creativo, fatto di contatti. Per farsi conoscere, almeno all’inizio, l’ideale è frequentare eventi riguardanti il settore del marketing e della comunicazione. Questo settore è comunque in continua espansione, purchè si sappia proporre qualcosa di innovativo rispetto ad altri. Le idee possono essere vincenti, ma ricordate di contestualizzarle in base alla tipologia di clientela e alle diverse esigenze.

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